Intervista ultimo vincitore

 

Intervista a Padre Francesco Patton

 

Congratulazioni per il Premio Rotary 2023, Padre Francesco Patton!Papa Francesco padre Patton
Grazie!

Da Vigo Meano a Gerusalemme. Per la prima volta un Trentino in epoca moderna diventa Custode di Terra Santa: qual è stato il suo stato d’animo nell’affrontare questo delicato ed impegnativo compito?

A dire il vero prima di me c’è stato un altro francescano trentino che è stato chiamato a questo servizio, si tratta di Fr. Andrea Zanoni da Arco, che fu Custode di Terra Santa dal 1637 al 1642 e, rientrato in Trentino, nel 1643 fece nascere la Provincia francescana Tridentina di San Vigilio. Il mio stato d’animo iniziale è stato di sorpresa, timore e trepidazione perché sapevo che la Custodia è una realtà poliedrica e impegnativa sia perché è una realtà internazionale sia perché opera in un contesto complesso e carico di tensioni com’è il Medio Oriente.

Cosa ha portato da trentino e del Trentino a Gerusalemme?
Forse il non aver paura di fare percorsi in salita. Certamente la sensibilità frutto dell’essere nato e cresciuto in una regione di confine dove lungo i secoli popoli e culture si sono scontrati, incontrati e anche felicemente mescolati.

Come riesce ad intessere un proficuo dialogo con le altre confessioni religiose ed avere buoni rapporti con israeliani e palestinesi?
Il dialogo è sempre tra persone e ciò che lo favorisce è aprire un credito di fiducia nei confronti della persona che mi sta davanti. Viceversa, ciò che impedisce il dialogo è il pregiudizio e il ritenere di non poter avere alcun punto di contatto con l’altro. La mia visione dell’uomo è cristiana e francescana e quindi vedo in ogni persona quella stessa immagine e somiglianza con Dio che vedo in me, vedo la stessa origine; e questo fonda un senso di apertura fraterna che va al di là dell’appartenenza etnica o religiosa. San Francesco ci ha perfino consegnato un “metodo” che è frutto del suo pellegrinaggio in Terra Santa e del suo incontro col Sultano otto secoli fa. Nel capitolo XVI della Regola non bollata ci insegna che andando tra gente di altra cultura e religione la prima cosa da fare è evitare liti e dispute, mettersi a servizio di tutti per amore di Dio e avere una chiara identità cristiana. L’atteggiamento pacifico e il mostrare interesse per l’altro apre la via al dialogo e permette di fare scoperte belle sull’altra persona, sul suo mondo e sulla sua cultura, sul suo cibo e la sua musica e anche sulla sua religione. Io credo che questo sia possibile e avvenga nella vita quotidiana. Poi certamente il metodo è utile anche quando si tratta di dialoghi a livello più ufficiale, ma senza il dialogo della vita quotidiana tutto il resto rimane sterile. Sono i pregiudizi che impediscono l’incontro tra le persone e che vanno smascherati soprattutto dentro di sé.

Il dialogo e la pace sono nel DNA dei francescani: come coniugare questi valori mentre imperversano pericolosi venti di guerra?
Il dialogo e la pace sono nel nostro DNA semplicemente perché sono nel DNA del vangelo. Sono al tempo stesso realtà complesse. Come ho detto prima bisogna che il dialogo e la pace facciano parte anzitutto della vita quotidiana delle persone, e questo non avviene senza un’educazione e un’autoeducazione al dialogo e alla pace. Per me – da questo punto di vista – sono fondamentali la famiglia, la scuola e anche la comunità religiosa di appartenenza. Poi è importante il sistema dei media che oggi è la più potente agenzia di acculturazione e di trasmissione di valori (o disvalori), se si parla con disprezzo di chi opera per la pace è evidente che si trasmetterà una cultura dell’arroganza e della soluzione dei problemi e dei conflitti attraverso l’uso della forza e della violenza.
Fondamentale è poi smascherare le ragioni economiche che stanno dietro a ogni conflitto, oserei dire che è necessario disarmare l’economia, perché poi l’economia di fatto condiziona sia la comunicazione che la politica. Infine, bisogna sempre privilegiare lo strumento della diplomazia (cioé del dialogo) sullo strumento della forza, e questo dipende ovviamente dalle scelte della politica.
Come frate io mi limito a cercare di praticare il dialogo e di educare al dialogo e alla pace, so che il mio contributo è una goccia nel mare, ma ho la ferma convinzione che alla fine il sogno della pace, che è il sogno di Dio sull’umanità e sul creato, si realizzerà. San Paolo in una delle sue lettere dice che Gesù Cristo è la nostra pace perché, morendo sulla croce, ha demolito il muro dell’inimicizia che separa le persone e i popoli. Chi vuole la pace deve avere il coraggio di dare la vita, che è un coraggio molto più grande di quello che ci vuole a toglierla a qualcun altro. La pace – ci insegna san Francesco – bisogna averla dentro il cuore, dev’essere nel nostro modo di salutare, cioè di incontrare le persone e dev’essere nel nostro modo di agire verso l’altro, che non può mai essere visto come un nemico ma sempre e solo come un fratello. Oggi questo modo di pensare è in larga parte deriso e squalificato, forse è per questo che il percorso della pace è sempre più in salita sia quando bisogna cercare di essere in pace con se stessi, sia quando bisogna essere in pace con gli altri, dalla famiglia, alla società, ai rapporti internazionali.

Papa Francesco ed i francescani si stanno spendendo per la pace ed in particolare perché cessi la guerra in Ucraina: potrebbe essere Gerusalemme ad ospitare i colloqui di pace?
Potrebbe essere anche Gerusalemme, e in questo caso dovrebbe essere uno stimolo per la stessa Gerusalemme a risolvere i propri problemi di pace, difatti al momento Gerusalemme porta la pace nel nome, ma è in realtà una città divisa. Ma fare pace è l’opposto di dividere, è condividere.
Se Gerusalemme fosse una città con statuto internazionale e un modello di condivisione pacifica allora avrebbe maggior forza la sua candidatura.

All’insegna della convivenza e dell’inclusione con l’attribuzione della 18esima edizione del Premio Rotary a Frate Francesco Patton: come utilizzerà i fondi del premio ed a chi li destinerà?
Colgo l’occasione per ringraziare di questo premio che diventa un’occasione di condivisione con chi si trova maggiormente in difficoltà. I fondi del premio andranno tutti agli ultimi ed ai bisognosi: è in corso di elaborazione un progetto, che vedrà il coinvolgimento anche del Distretto Rotary 2060.

Quale messaggio intende lanciare in occasione della cerimonia di conferimento presso il luogo simbolico ai piedi di Maria Dolens, la Campana della Pace di Rovereto, fusa con il metallo dei cannoni della Prima guerra mondiale?
La campana fu costruita fondendo i cannoni dei paesi che si combatterono durante la Prima guerra mondiale, oggi, come dice Papa Francesco, siamo in mezzo alla Terza guerra mondiale a pezzi: vorrei che tutti i cannoni e le armi che oggi sparano sui vari fronti, compreso quello ucraino ma non solo, in un domani non troppo lontano si trasformassero in campane per invitare tutta l’umanità alla pace.

 

Padre Francesco Patton, grazie per il dialogo!

 

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